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Seconda parte dell'intervista a Lorenzo Viti dove ci parla della sua breve esperienza di fantino in Piazza del Campo.
Seconda parte dell'intervista a Lorenzo Viti, figlio di Leonardo Viti detto Canapino. In questa seconda e ultima parte Lorenzo ci ha parlato della sua breve esperienza di fantino di Piazza del Campo e della sua decisione poi di smettere dopo il servizio militare.
La tua passione per i cavalli come nasce?
E' nata tramite mio babbo, quando non andavo a scuola andavo a montare a cavallo. Già mio nonno Enrico era stato fantino (corse 5 Palii vincendo il 16 agosto 1928 nel Nicchio con Margiacchina n.d.r). La prima volta che mi hanno messo a cavallo avevo tre mesi. Ho iniziato a montare tutti i giorni quando ho finito la scuola: era il 1982-1983, non ricordo esattamente.
In quel periodo alla vostra scuderia ci lavoravano molte persone....
Sì, anche perché mio babbo correva tanti palii e a quel tempo si viveva davvero solo con le corse che si faceva. In scuderia c'erano 16-18 cavalli e quindi il mio babbo si avvaleva dell'aiuto di alcune persone, specialmente del Nord Italia. In quel periodo c'erano fantini come Truciolo, Liscio, Rino e per un periodo c'è stato anche Cianchino. Ho conosciuto anche Canapetta ad esempio anche se non ci ho mai montato a cavallo insieme: era una persona brava, in quegli anni era a fine carriera.
Tra i tanti cavalli di scuderia ce n'era qualcuno particolare che preferivi montare?
Mi piaceva molto montare Balente e Canapino. Erano due cavalli opposti: Balente era il classico mezzosangue anche se aveva più sangue dei mezzosangue che ci sono ora mentre Canapino aveva un modo di galoppare diverso e galoppava anche di più ma era meno gestibile. Balente era una “bicicletta”, se non avesse concluso in maniera prematura la propria carriera, avrebbe potuto vincere molto di più in Piazza. Un altro cavallo che ho avuto nel cuore è stato un purosangue che si chiamava Azzurro.
Ti ricordi delle emozioni particolari quando correvi la Tratta?
Non ricordo di aver provato particolari emozioni. Prima di andare in Piazza mio babbo non mi diceva quali cavalli avrei dovuto montare, in alcuni casi non ti faceva neppure montare. Mi ricordo che c'era sempre una grande ansia, quella sì.
Per la Tratta hai montato anche due cavalli vincitori di Palio come Fenosu e Uberto: che cavalli erano?
Fenosu sinceramente non so come abbia fatto a vincere il Palio, mi ricordo che Mario (Truciolo n.d.r) ci fece un Palio stupendo parando per due giri la Torre con Vipera, che in quel periodo era uno dei migliori cavalli. Era un cavallo che io personalmente montavo malissimo perché per me era troppo piccolino. Non dissi che non lo avrei montato perché a quei tempi avrei montato anche un “somaro” ma se avessi potuto scegliere non lo avrei montato. Uberto invece era un gran cavallo, lo abbiamo avuto anche a scuderia, io l'ho montato anche a Farneta e ci arrivai secondo.
Il 29 giugno 1987 facesti il tuo esordio per la prima prova con il giubbetto della Chiocciola su Brandano: come nacque il contatto con la dirigenza di San Marco?
Fui contattato dal Capitano Mario Bruttini: era una persona stupenda che anche se non c'era lo sentivi “vicino”. Se la Chiocciola avesse avuto dal quinto cavallo in giù avrei montato io ma quell'anno alla Chiocciola toccarono Brandano e Figaro e quindi la dirigenza decise di affidarsi a un “big” come Bastiano; se fossi stato Capitano io avrei fatto la stessa scelta. La prova su Brandano fu una bella emozione, mi sembrava di essere dentro a un “film”. Mi ricordo che dopo la prova ero a giocare a pallavolo fuori Porta San Marco con alcune ragazze della Chiocciola. E' stata un'emozione, sia a luglio che ad agosto, che non mi potrò mai scordare anche perché montai due cavalli di qualità specialmente Brandano era un cavallo alla pari di Panezio, secondo me forse galoppava anche un po' di più e, rispetto a Panezio, era anche più gestibile.
Dopo quelle due prove nella Chiocciola cosa è successo?
Nel 1987, dopo la prova su Figaro, partii per fare il militare. Mi ritrovai a Casale Monferrato e stetti un anno senza montare a cavallo. Quando tornai a casa decisi di dire basta perché molto probabilmente sentivo il “peso” di mio babbo: in tutte le occasioni le persone mi ricollegavano a lui anche perché lo conoscevano da tutte le parti, anche fuori Siena. L'ultima Tratta fu quella del 29 giugno 1990 con Miseria Nera, un cavallo di Camillo Pinelli.
Cosa ti ha lasciato il mondo del Palio di Siena come sensazioni?
Il rammarico di averci provato troppo poco ma anche la gioia e il ricordo di tante persone che purtroppo non ci sono più.
Francesco Zanibelli