¯ "La storia di Fernando Leoni detto Ganascia" - La Voce delPalio
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Pietro Tonnicodi Fotografo
Massimiliano Bruttini

La storia di Fernando Leoni detto Ganascia


La storia di Fernando Leoni detto Ganascia
03/12/2016

Roberto Filiani ci racconta la storia del fantino originario di Monticello Amiata.

Nell’agosto 1930 il vecchio fantino Domenico Leoni detto “Moro”, vincitore di due Palii, portò con se a Siena il figlio Fernando che si era da poco congedato dal Corpo degli Artiglieri di Roma.

Il Moro era intenzionato a trovare una monta per il figlio e decise di proporlo ai dirigenti della Torre che però avevano già un impegno con Smania.

Il vecchio fantino non si arrese e portò il figlio nella Tartuca, in cui c’era Porcino su Carnera, una brenna talmente grossa che sembrava incinta.

Alla quarta prova i dirigenti tartuchini decisero il cambio di monta e quel giovanotto dalle gambe lunghe iniziò la sua carriera leggendaria.

Ad affibbiargli il soprannome fu il celebre alfiere Mastuchino e Fernando Leoni divenne per tutti Ganascia per via le sue grandi mascelle.

Nel Palio la Tartuca sembrava tagliata fuori dai pronostici, ma Ganascia credeva nelle possibilità di Carnera che all’improvviso ritrovò la forma dopo un pastone purgativo preparato personalmente dal fantino.

Il giovane fantino, tuttavia, non partì bene ed arrancava in quinta posizione ma, all’ultimo San Martino, arrivò il colpo di scena: una dopo l’altra caddero Torre, Oca e Bruco e la Tartuca si trovò a lottare con la Lupa, con poche nerbate Ganascia ebbe la meglio su Canapino e conquistò al debutto la sua prima ed inattesa vittoria.

In pochissimo tempo Ganascia si conquistò un ruolo di primaria importanza ed il bis arrivò alla quarta presenza nel luglio 1932: montato dall’Onda sulla Gobba di Vescona Fernando Leoni vinse alla grande, nerbando sonoramente il Napoletano nella Chiocciola.

Nel 1933 Ganascia entrò di diritto nella leggenda del Palio conquistando lo storico cappotto della Tartuca con il grande Folco.

A luglio uno spettacolare scambio di nerbate con Picino, all’ultimo Palio, sancì un vero e proprio scambio di consegne tra due miti assoluti della piazza: Ganascia umiliò col nerbo il vecchio Meloni, nella Lupa su Wally, andando a vincere agevolmente.

Ad agosto il destino di Ganascia si incrociò ancora con quello della Lupa: in Vallerozzi c’era il fenomenale Ruello con in groppa Tripolino, l’altro campione degli anni trenta, ancora una volta il fantino dell’Amiata riuscì a battere il suo avversario e fu cappotto!.

Dopo il trionfo si aprì per Ganascia un lungo periodo di crisi, caratterizzato dagli accesi dualismi con Tripolino e soprattutto col Meloncino, figlio di Picino, con il quale si trovò più volte in violento contrasto.

La crisi di Ganascia ebbe il suo culmine nell’agosto 1938 quando, a seguito della vittoria di Tripolino nella Chiocciola, ruppe traumaticamente i rapporti con la Tartuca.

Nel 1939 finalmente arrivò la quinta vittoria, Ganascia approdò nella Torre, contrada nonna, a secco dal settembre 1910 quando a vincere per Salicotto fu proprio il babbo di Fernando.

La Torre conquistò il Palio senza grosse difficoltà, con Ganascia, agevolato anche da mille intrighi, che spinse alla grande il velocissimo Giacchino che vinse con un tempo da record.
Alla ripresa del Palio Ganascia fu l’unico fantino vittorioso nell’anteguerra che riuscì a ripetersi, vincendo tre delle diciassette carriere disputate.

La sesta vittoria arrivò nel luglio del 1946 con Piero per il Montone, Ganascia nerbò per tre giri Amaranto, nell’Oca su Folco, dopo una mossa, apparsa a tutti valida, annullata in maniera misteriosa quando Fontebranda sembrava già involata verso un sicuro trionfo.

Ancora con Piero, il 16 agosto 1947, Ganascia confermò la sua grande classe, conquistando il suo secondo Palio per la Torre del Capitano Menotti Busisi, suo grande estimatore e sostenitore, dopo un breve duello con l’Arzilli nel Leocorno.

Nel 1949, per una squalifica, Ganascia fermò la striscia di ventinove Palii corsi consecutivamente dall’esordio.

L’anno successivo, nello straordinario di maggio, arrivò l’ottava ed ultima vittoria, ancora nel Montone con Gaia, cavalla debuttante che si era anche infortunata nelle prove.

Nella carriera accadde di tutto, molte contrade si alternano al comando tra nerbate e cadute, all’ultimo giro si trovarono a lottare Montone e Lupa, contrada che Ganascia beffò anche in questa occasione.

All’ultimo Casato, sentendo Gaia sfinita, Ganascia decise di cadere coinvolgendo nel capitombolo anche Tripolino che, rinnovando il vecchio duello degli anni trenta, lo tallonava sulla grigia Salomè.

Gaia scossa e zoppa andò a vincere, Ganascia la seguì a piedi con un sorriso smagliante che sancì un capolavoro d’astuzia.

Per altri tre anni Ganascia restò sulla breccia entrando ancor di più nella storia per il Palio dell’agosto 1952 corso nella Chiocciola, su imposizione delle autorità, pur non essendo stato segnato in Comune, fatto mai accaduto in precedenza.

Nel luglio seguente Ganascia disputò il suo trentaseiesimo ed ultimo Palio, nel Leocorno con Fontegiusta, per poi lasciare spazio al suo conterraneo Giorgio Terni detto “Vittorino”, un altro grande eroe di Piazza del Campo.

 

Roberto Filiani

Foto: www.ilpalio.org



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