¯ "I luoghi di origine dei fantini: la Sicilia" - La Voce delPalio
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Pietro Tonnicodi Fotografo
Massimiliano Bruttini

I luoghi di origine dei fantini: la Sicilia


I luoghi di origine dei fantini: la Sicilia
19/02/2020

Il primo fu Alfio Gullotta.

In occasione delle prime due prove del settembre 1928 il Bruco si presentò al canape con tale Alfio Gullotta, con tutta probabilità il primo siciliano a vestire il giubbetto di una contrada, ma l’avventura di questo sconosciuto terminò prima di iniziare, infatti fu sostituito prima dal vecchio Testina e poi dal brucaiolo DOC Alibrando Cortecci.

Tolta questa episodica partecipazione dobbiamo arrivare al 1951 per trovare un siciliano in piazza e stavolta sarà un personaggio che farà la storia: Francesco Cuttone detto “Mezzetto”, da Ramacca, che già aveva corso quattro prove nel maggio 1950 nella Lupa.
Fu la Selva nel luglio 1951 a far debuttare questo minuscolo fantino sulla grigia Salomè confermandolo, sulla stessa cavalla, nell’agosto seguente, risultato due secondi posti dietro il maestro Beppe Gentili.

Le prestazioni del 1951, seppur sfortunate, posero il siciliano all’attenzione di molte contrade, quel fantino così piccolo aveva impressionato per il suo coraggio che rasentava l’incoscienza ma l’occasione giusta per Mezzetto arrivò solo nel 1956 anno in cui centrò uno storico cappotto personale.

A luglio, nel Palio di Gronchi con il tufo zuppo di pioggia, fu un volo in terra per quasi tutti gli altri in terra con Mezzetto a correre spericolato e spavaldo verso la vittoria su Archetta per l’Aquila, dietro solo l’Arzilli, su Gaudenzia nella Giraffa, riuscì ad impensierire un minimo l’andatura vittoriosa della Contrada del Casato.

Ad agosto per l’Istrice fu una vittoria quasi annunciata che significò l’addio alla cuffia, il protagonista doveva essere Beppe Gentili che però si infortunò alla seconda prova, proprio Ciancone consigliò la monta di Mezz’etto dopo una prova non convincente di Lazzero.

Il siciliano ripagò la fiducia riposta in lui, dopo pochi metri si liberò dello zucchino, fece una corsa di testa respingendo gli attacchi dell’Onda e del Nicchio, a dire il vero non propriamente decisi ed un ultimo tentativo della Civetta, con Bazza su Velka, resistendo su Gaudenzia ormai stremata.

Dopo il Palio Mezz’etto si recò in ospedale da Ciancone lasciandogli poco più di una misera mancia, per il Gentili fu un vero affronto e non a caso con lui in piazza il siciliano non avrebbe più vinto.

Al cappotto personale seguì una crisi nera e Mezzetto tornò a vincere solo nel luglio del 1962 quando tornò nella Selva trovando l’ambiente ideale nella contrada a cui era più legato ed affezionato.

Elena de Mores si mostrò all’altezza della situazione, Mezzetto partì primo e vi restò per tutto il primo giro per poi essere superato dalla Pantera, ma la paura durò poco e dopo aver rischiato di cadere il piccolo fantino riprese il comando senza perderlo più.

Nel luglio 1955, intanto, un altro campione era arrivato a Siena dalle accanite corse della Favorita di Palermo: Rosario Pecoraro detto “Tristezza”, un fantino dalla carriera ventennale impreziosita da cinque vittorie quasi tutte contraddistinte da una condotta autoritaria e dominante.

Così fu nel luglio 1959, nell’Aquila su Salomè de Mores, quando Tristezza, tutto ammaccato ed incerottato per una caduta nelle prove, prese la testa al secondo San Martino senza mollarla più.

Senza storia anche il successo del luglio 1960, nella Selva su Tanaquilla, ancor più netta la terza vittoria consecutiva nel Palio di Luglio, un monologo assoluto nell’Istrice su Uberta de Mores.

La clamorosa sconfitta dell’agosto 1961 sulla fortissima Uberta nella Tartuca sembrò porre fine al ciclo d’oro di Tristezza che però, dopo alcune cocenti delusioni, seppe rifarsi alla grande nello straordinario del settembre 1967, nella Giraffa su Ettore alias Topolone.

Dopo una caduta da brividi al primo San Martino, a seguito di una mossa annullata con colpevole ritardo, Tristezza seppe rimettersi in sesto e condusse Topolone senza alcuna esitazione, un Palio chiuso dopo poche falcate, un trionfo sancito dal siciliano con un’esultanza a braccia al cielo alla stregua di un ciclista vittorioso.

Anche dopo questa vittoria seguì un lungo periodo di crisi ma per risvegliare Tristezza dal torpore serviva Panezio che nel luglio 1973 non aveva ancora mostrato le sue doti da campione assoluto.

La Lupa si affidò all’esperto e baffuto, per l’occasione, siciliano sin dalla prima prova, a differenza delle altre vittorie per Tristezza il Palio fu più complicato e si risolse solo col sorpasso all’ultimo giro ai danni di Bazza, altro veterano della compagnia.

La carriera di Tristezza si chiuse due anni dopo con quarantuno partecipazioni e tanta storia scritta sulla sua faccia seria e rugosa di vecchio guerriero.
Come visto il Palio di luglio del 1959 segnò la svolta positiva per la carriera di Tristezza mentre fu l’esatto opposto per quella di Vincenzo Graziano detto “Solitario”, da Palermo, che in quella giornata perse l’occasione della vita.

Fantino di riferimento della Giraffa, con cui aveva debuttato nel 1958, il Solitario corse nel luglio 1959 nella Chiocciola sulla fenomenale Uberta lottando, dopo una partenza brillante, fino al secondo San Martino dove, per il sorpasso di Tristezza, cambiò il suo destino.
In tutto per il Solitario sette presenze, tutte consecutive dal debutto, fino al settembre 1960, poi un’altra apparizione, con un infortunio nella Provaccia dell’agosto 1964 nella Chiocciola su Danubio della Crucca, fino alla decisione di emigrare negli Stati Uniti.

Dopo faticose ricerche, il Solitario è stato “ritrovato” a Miami dal gruppo di Ricordi di Palio diventando protagonista di un’emozionante intervista al termine della quale il vecchio fantino ha potuto indossare di nuovo il giubbetto della “sua” amata Giraffa.
Il Palio d’addio del Solitario coincise col debutto di un altro palermitano: Antonio Marino detto “Guanto”, sei presenze fino all’agosto 1968.

Proprio quel giorno Guanto avrebbe potuto uscire dall’anonimato che aveva caratterizzato le sue precedenti carriere: ormai sicuro della vittoria, nel Leocorno sul bizzoso Ercole, il fantino di Palermo fu scaraventato sul tufo dal suo cavallo che rifiutò di girare al Casato aprendo una serie clamorosa di colpi di scena che portò alla vittoria dell’incredulo Aceto.

Una vittoria sfumata in modo beffardo e poco dopo un terribile incidente rese invalido lo sfortunato Guanto che fu ovviamente costretto al ritiro.
Davvero particolare, invece, l’esperienza paliesca di Antonino Pecoraro detto “Sorriso”, fratello maggiore del noto Tristezza.

Seguendo le orme del fratello, che aveva debuttato nel luglio 1955, Antonino Pecoraro si presentò a Siena per il Palio successivo convinto di poter correre anche lui.

Ma i fratelli Pecoraro ignoravano l’articolo del Regolamento del Palio che vietava la partecipazione alla carriera a due o più fantini parenti tra di loro fino al terzo grado.

Ma fatta la legge trovato l’inganno e fu così che per la prima prova nella Selva su Archetta corse tale Pietro Crutone, un illustre sconosciuto dai tratti somatici molto simili al fantino della Chiocciola che altri non era che Saro Pecoraro.

Ma ben presto l’inganno fu svelato e con esso l’identità del fantino della Selva: Antonino Pecoraro che fu immediatamente squalificato.

Dopo quell’improbabile tentativo Antonino Pecoraro ebbe l’onore di partecipare al corteo storico del luglio 1959 sul soprallasso dell’Aquila, in sostituzione del fratello, ma il vero debutto arrivò solo dopo quattro anni.

L’Aquila diede fiducia al fratello di Tristezza, già Pietro Cutrone e “controfigura”, ma per Sorriso l’esperienza paliesca si chiuse con una rovinosa caduta da Zaffira e soprattutto con la vittoria della rivale Pantera.

Il sesto siciliano a correre il Palio fu Bruno Blanco detto “Parti e Vai” che dopo il debutto nella Lupa, nell’agosto 1963 su Gabria, fu ripescato sei anni dopo dal Leocorno di cui divenne il fantino di riferimento.

In tutto Parti e Vai corse cinque volte, quattro col giubbetto di Pantaneto, di lui si ricorda un bel Palio disputato su Mirabella nell’agosto 1971 e poco più.
A chiudere questa rassegna Mario Cottone detto “Truciolo”, nativo di Bronte ma in realtà astigiano di adozione e formazione.

Fantino molto eccentrico per la sua chioma bionda a cavatappo e molto discusso per alcuni suoi Palii che non riscossero, per usare un eufemismo, il consenso dei suoi contradaioli da ricordare, in particolare, la reazione poco benevola dei civettini al modesto Palio corso nel luglio 1988 sul forte Figaro.

Truciolo, tuttavia, ebbe anche la sua giornata di gloria il 16 agosto 1986 quando nella Giraffa sul debuttante e sconosciuto Fenosu riuscì a vincere un Palio sorprendente partendo primo e battendo la ben più quotata accoppiata formata da Cianchino e Vipera nella Torre.
In tutto Truciolo corse sette volte dal 1984 al 1989 ed è a tutt’oggi l’ultimo fantino siciliano ad aver corso il Palio.

 

Roberto Filiani

Foto: www.ilpalio.org 



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