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Pietro Tonnicodi Fotografo
;assimiliano Bruttini

I luoghi di origine dei fantini: Arezzo


I luoghi di origine dei fantini: Arezzo
29/05/2020

Il primo fu Antonio Corgnolini detto “Pettinajo”.

Molto numerosa e ben distribuita nei secoli la presenza di fantini provenienti dalla provincia di Arezzo.
Il primo fu Antonio Corgnolini detto “Pettinajo”, nato ad Arezzo nel 1707 e poi trasferitosi a Siena dove contrasse anche matrimonio all’età di vent’anni.

Come detto in altre circostanze la documentazione dei Palii di epoca settecentesca è spesso lacunosa e contraddittoria, non è comunque azzardato affermare che Pettinajo fu uno dei migliori fantini di quel periodo al quale vengono attribuite sei vittorie dal luglio 1730 all’aprile 1739 ottenute con la Selva, il Nicchio, la Giraffa, la Chiocciola, il Drago ed il Bruco.

Decisamente più documentata e movimentata la carriera di Angelo Giusti detto “Ciocio”, originario di Ambra corse quarantadue volte, vestendo il giubbetto di tutte le contrade e conquistando otto vittorie.

Debuttò adolescente e vinse le prime tre carriere che corse, primato tuttora imbattuto: agosto 1776 nel Leocorno, impresa storica in quanto la contrada di Pantaneto non vinceva da ben settantadue anni ed i due Palii dell’anno seguente nel Montone e nel Nicchio, presumibilmente sempre con lo stesso stornino di proprietà di tal Giuseppe Santini.

A questo inizio perfetto seguirono sette anni di digiuno interrotto con la vittoria nella Torre dell’agosto 1784, un Palio storico perché fu il primo vinto da un cavallo scosso.
Ciocio prese subito la testa ma al secondo San Martino cadde e dopo un giro il barbero della Torre stava per fermarsi lasciando la strada spianata alla Giraffa che nel mentre era passata al comando.

Ma Ciocio, rimasto sempre nei pressi di San Martino, non volle arrendersi e sferrò due nerbate al suo barbero che riprese a correre andando a riprendere e superare l’incredulo Nacche.
La storia proseguì tra vittorie, tradimenti e scorrettezze che spesso portarono Ciocio agli onori delle cronache in particolare per una sorta di faida che lo divideva, senza esclusione di colpi, dal grande Dorino a sua volta spalleggiato da altri fantini maremmani.

La carriera di Ciocio si chiuse, nello stesso modo in cui era cominciata, il 16 agosto 1798 con la sua ottava ed ultima vittoria, stavolta ottenuta nella Chiocciola, pochi mesi prima della sua prematura scomparsa.

Parallela a quella di Ciocio si sviluppò anche l’esperienza paliesca del fratello Marco detto “Marcaccio” il quale non vinse mai, in ventuno Palii disputati, ma fu più volte funzionale ai trionfi del più noto parente.

Marcaccio, in particolare, nella rivalità che divise Ciocio da Dorino rivestì un ruolo fondamentale d’appoggio al fratello soprattutto quando si trattava di fare azioni al limite del regolamento.

In particolare il 2 luglio 1788 i fratelli Giusti, Ciocio nella Pantera e Marcaccio nella Giraffa, presero di mira Dorino che correva nella Lupa come riporta una cronaca dell’epoca: “…poi buttato giù da cavallo il fantino della Lupa e nerbato senza discrezione in terra da Ciocio fu levato dalle mani del suddetto dai soldati, in questo tempo Marcaccio preso il cavallo della Lupa lo menò fuori piazza tornando indietro per il Casato scendendo per la piaggia del Bomba…come aveva promesso di fare a detto Dorino e nel fare questo viaggio all’incontrario per la piazza incontrò i cavalli che correvano i quali moltissimi rimasero confusi…”

Per questa bravata Marcaccio venne arrestato ma evidentemente la punizione non ebbe effetto visto che nel Palio successivo, montato dalla Tartuca, non ebbe scrupoli a riservare a Biggeri altre “attenzioni”: “…dopo tirato giù il canape Marcaccio prese il cavallo della Torre e lo tenne fermo a forza di nerbate e pugni, i fantini caddero in terra e non cessarono di darsi fino a che non furono presi dai soldati e condotti in carcere e vi stettero fino alle ore otto e mezzo della mattina per poi pacificarsi con andare a fare colazione all’Osteria delle Donzelle…”

Molto numerosa la presenza di fantini aretini nell’800 di cui quattro vittoriosi, è curioso notare che due di essi Pietro Betti detto “Betto” e Giuseppe Marraghini detto “Saltatore” trionfarono nelle due carriere disputate, a ridosso del Palio dell’Assunta, con tutte e diciassette le contrade, rispettivamente nel Nicchio nel 1841 e nell’Istrice l’anno dopo, con lo stesso morello, detto Tosato, di proprietà di Leonardo Barbetti.

Anche Antonio Bianchi detto “Gobbo Fenzi” o “Napoleone”, nativo di San Giovanni Valdarno, riuscì a vincere un Palio, sui ventidue corsi, quello dell’agosto 1852 nel Montone su una morella di Luigi Grandi.

L’altro aretino vittorioso nell’800 fu Pietro Fosci detto “Pietrino” che, pur correndo solo tre volte, legò il suo nome ad un’impresa storica: il primo cappotto della Tartuca ottenuto dominando con la forte Farfallina, curiosamente dopo questo trionfo il fantino vittorioso non corse più.

Tutti gli altri fantini della provincia d’Arezzo ebbero una carriera corta ed anonima, in ordine sparso: Luigi Fenzi, Fulminante, Domenico Pazzaglia, Naso Rotto, Rogantino, Ruzzino, Palle e Natalino, fratello del Gobbo Fenzi.
Più lunga, ma senza acuti, l’esperienza di Diavoletto e Spavento, fratello di Betto, che ha come particolarità statistica quella di aver corso i suoi primi quattro Palii con lo stesso storno di Ermenegildo Barbetti.

Pur essendo due mediocri fantini, come tutti quelli sopra elencati, vanno brevemente ricordati anche Giuseppe Morandini detto “Bucher” di Levane ed Emilio Scattizzi detto “Brunetto” di Monte San Savino.

Bucher corse i due Palii del 1832, nella Lupa a luglio e nell’Aquila ad agosto e proprio in questa carriera si distinse per aver preso per le redini il cavallo della Selva, montato da Tarlato, trattenendolo fino a San Martino, per sfuggire alle giustificate ire selvaiole lo scorretto fantino venne arrestato ed esiliato da Siena.

Ancor più particolare l’esperienza di Brunetto che fu montato dalla Giraffa il 4 luglio 1875, in realtà il suo unico Palio finì subito con una goffa caduta al canape testimoniata anche da un “cavallino” dell’epoca in cui il fantino giraffino viene rappresentato sorretto, quasi consolato, da un elegante signore con tanto di tuba, probabilmente uno dei due Signori della Mossa.

A cavallo dei due secoli divisero le loro anonime presenze Fortunato Cicali detto “Mascherino” da Bucine e Francesco Romualdi detto “Bibbiena” da Castel San Niccolò; insignificante anche l’unica apparizione, nella Tartuca nel settembre 1900, di Carlo Bianchi detto “Gobbo” da San Giovanni Valdarno, stesso cognome, stessa provenienza e stesso soprannome del fantino vittorioso per il Montone nel 1852.

Nel luglio 1926 debuttò con la Selva l’aretino Roberto Albiani detto “Nocciolino II” che corse il suo secondo ed ultimo Palio nella Giraffa cinque anni dopo.
Di ben altro spessore la seppur breve carriera, undici presenze, di Umberto Baldini detto “Bovino”, nato a Montevarchi nel settembre 1904, che debuttò, a sorpresa, nell’agosto 1927 nel Nicchio sulla fortissima Giacca.

Già dalla mossa la superiorità del Nicchio risultò evidente, il giovane Bovino incrementò subito il suo vantaggio approfittando delle fitte nerbate tra il Meloni nella Civetta ed il Cispa nella Giraffa, fantini ben più esperti e blasonati, andando a vincere agevolmente al suo debutto.
Dopo una serie di carriere anonime ed una lunga assenza, dovuta al servizio militare in Africa, Bovino fu ripescato a sorpresa per montare Ruello nella Giraffa nel Palio dell’Impero.

Bovino partì male, ostacolato da Bubbolo, ma sfruttando la forza di Ruello e gli errori dei battistrada al primo Casato prese la testa incrementando il proprio vantaggio con un ritmo forsennato e legando per sempre il suo nome al Palio dell’Impero.

Negli anni trenta arrivò in piazza un altro fantino aretino Donato Gallorini detto “Donatino” che fu portato a Siena dall’amico fraterno Tripolino al quale spesso diede una concreta mano per vincere, in tutto l’Ardito, altro soprannome con cui era noto, corse nove volte fino al luglio 1946.

Arriviamo così al 1952 quando debuttò Salvatore Miglio, ventinovenne di San Giovanni Valdarno, fu ribattezzato Ganghero ed ebbe la singolare caratteristica di aver corso i suoi unici due Palii nello stesso anno, con la stessa contrada e con lo stesso barbero: 1952, Leocorno, Dorina.

Chiudiamo questa lunga carrellata con Maurizio Farnetani detto “Bucefalo”, nato a Farneta il 21 giugno 1958, vincitore di un Palio sui diciassette disputati.
Debuttò nel Montone nell’agosto 1984, non potendo minimamente impensierire la vittoria del Nicchio, per poi diventare fantino di riferimento dell’Aquila con cui corse ben sei volte.

Proprio per la Contrada del Casato conquistò la sua unica vittoria dominando il Palio del 16 agosto 1988 su Figaro, cavallo fortissimo che corse quindici Palii vincendo solo in quella occasione.

Bucefalo fu molto astuto durante la mossa, risalendo dal settimo posto fino allo steccato e partì a razzo accumulando, metro dopo metro, un vantaggio abissale che gli permise di alzare il nerbo già all’ultimo passaggio a San Martino.

Negli anni seguenti, pur correndo con grande continuità, Bucefalo non riuscì più a ripetersi terminando la sua carriera con la maxi squalifica di venti Palii seguita ai fatti dall’agosto 1997.

Roberto Filiani



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