¯
Il più famoso è certamente Francesco Ceppatelli detto Tabarre.
Finora il nostro viaggio tra i luoghi di provenienza dei fantini è stato più che altro suddiviso per macro aree, da oggi partiamo con localizzare in modo più specifico i vari paesi toscani iniziando, come accennato nella puntata sui pisani, da Volterra che ha avuto una importante rappresentanza in piazza.
E’ fondamentale dire che tutti e cinque i fantini di Volterra arrivarono a Siena nell’arco di poco più di un decennio, a testimonianza di una forte tradizione di corse a pelo che si svolgevano sulla vecchia pista dell’Anfiteatro di Vallebuona, come ben si evince dall’interessante libro “Tabarre il fantino volterranno” di Moreno Ceppatelli.
Il primo ad arrivare a Siena, in ordine cronologico, fu Leopoldo Pasqualetti detto “Sordo” che debuttò nell’agosto 1874 nella Giraffa, fu particolarmente legato al Leocorno per il quale corse cinque volte ed in cui vinse il suo unico Palio nell’agosto 1883.
Il Sordo in quella occasione montava un morello del Carlini che aveva vinto i due Palii precedenti, ma fino al terzo giro rimase dietro all’Aquila ed al Drago, solo davanti al Comune il Leocorno riuscì, con uno spettacolare doppio sorpasso, a riportare la vittoria.
In tutto il Sordo corse sedici volte, fino all’agosto 1886, condividendo parte della carriera col fratello Rinaldo detto “Cappuccino” che disputò sette carriere.
Tra i due fratelli Pasqualetti debuttò in piazza un altro fantino volterrano: Emilio Mannucci detto “Moro” la cui esperienza però si limitò al solo Palio dell’agosto 1875 corso nella Lupa.
Arriviamo così all’1885 quando di luglio il Bruco fece debuttare Francesco Ceppatelli detto “Tabarre” stessa cosa fatta, ad agosto, dalla Torre con Emilio Lazzeri detto “Fiammifero”.
L’entusiasmante carriera di Francesco Ceppatelli, dopo gli incerti esordì, decollò con la prima vittoria del luglio 1888, quando Tabarre, alla soglia dei trent’anni, vinse nella Chiocciola su Gemma dopo aver condotto sin dal primo giro respingendo agevolmente le uniche insidie portate da Genesio nella Selva.
Nel luglio successivo la forte Gemma andò in sorte alla Tartuca in cui Tabarre arrivò nonostante avesse corso la seconda prova nella Chiocciola in cui si accasò Pirrino.
Gemma, tuttavia, arrivò al Palio decisamente malconcia, la Chiocciola, infatti, rimase prima fino all’ingresso del terzo San Martino dove Tabarre riuscì a passare ed a rintuzzare i successivi disperati attacchi di Pirrino.
Nella piena maturità Tabarre era diventato uno dei fantini più ambiti e la sua striscia positiva assunse proporzioni da record nel 1890 quando il volterrano centrò uno storico cappotto per il Drago: a luglio, su Prete, prese la testa al primo San Martino respingendo il ritorno di Ansanello nel Nicchio; ad agosto, su Farfallina, la vittoria fu altrettanto schiacciante dopo una partenza fulminea Tabarre tenne tranquillamente a distanza di sicurezza Girolametto nell’Aquila e Leggerino nell’Istrice.
L’incredibile media vittoria di Tabarre fu riconfermata nel 1891: il 16 agosto ancora nella Tartuca ed ancora su Farfallina il volterrano ribadì il suo strapotere tenendo a gran distanza tutti gli avversari dopo la solita partenza perfetta, dominio incontrastato che trovò conferma nel Palio alla Romana del giorno successivo vinto nell’Oca sulla solita Farfallina.
L’anno dopo, sempre nell’Oca, Tabarre rinnovò il suo appuntamento fisso con il trionfo in una corsa molto lottata prima con Tagatta nella Tartuca, poi con Sciò nel Bruco ed infine con Ansanello nel Leocorno.
Nell’agosto successivo, aspramente conteso da molte contrade, Tabarre finì per la prima volta nella Torre per montare Lampino, voglioso di riscatto dopo aver perso malamente le altre due carriere del 1893 ed a scanso di equivoci la vittoria arrivò netta dopo aver nerbato furiosamente il favorito Bozzetto nella Pantera.
Nel luglio 1894, nel Drago su un barbero debuttante, Tabarre superò grazie alle nerbate Genesio che correva nella Chiocciola ed era partito in testa con un buon vantaggio, con la vittoria in pugno, al terzo giro davanti al Palco delle Comparse, il volterrano fu bravo a schivare uno scudo lanciatogli contro da un paggio della Torre.
Per il Palio seguente il miglior cavallo andò in sorte alla Tartuca ma anche Angiolusse, l’esordiente toccato all’Istrice, faceva ben sperare tanto che in Camollia si decise di chiedere Tabarre al Drago dopo la prima prova.
La mossa del Palio fu drammatica: alcune contrade, dopo un abbassamento precauzionale del canape, si lanciarono al galoppo sulla pista, tra queste l’Istrice che al primo San Martino andò giù rovinosamente, Tabarre, sbattendo violentemente contro le tavole, si ruppe il ginocchio destro e dal dolore svenne.
Dopo alcuni minuti il fantino, incoraggiato e “rifocillato”, si ripresentò tra i canapi, dalla mossa valida, pur battendo al canape rischiando una nuova caduta, Tabarre partì con un notevole vantaggio ed a nulla valsero gli sforzi di Ansanello nella Tartuca.
Tornato in salute Tabarre chiuse il suo ultimo ciclo d’oro col Palio del luglio 1895 vinto nella Torre su Otello, altro barbero debuttante, stavolta il volterrano non partì bene e dalla pancia del gruppo riuscì a recuperare prima sulla Lupa, poi sulla Giraffa e sul Montone che si erano alternati alla testa della carriera, per poi piazzare l’acuto vincente al terzo Casato ai danni del Nicchio con Leggerino.
L’undicesima vittoria in soli sette anni e poi la repentina parabola discendente del fantino che sapeva solo vincere…da quel giorno solo delusioni ed il malinconico addio nell’agosto 1908 con un’ingloriosa caduta alla mossa.
Negli anni di dominio di Tabarre anche Fiammifero seppe ritagliarsi la sua fetta di gloria vincendo prima il Palio alla Romana del 19 agosto 1894, nel Bruco su Belfortina, poi sempre per i colori brucaioli la carriera straordinaria del 16 agosto 1896.
Fiammifero partì male ma dopo il clamoroso tradimento di Ansanello alla Torre, caduto mentre era nettamente in testa al primo Casato, si trovò a lottare per il successo con Montieri nell’Oca ed Abbacchio nella Giraffa, a forza di nerbo nel corso dell’ultima girata Emilio Lazzeri ebbe la meglio sui due avversari e vinse il suo secondo ed ultimo Palio.
Il resto della carriera di Fiammifero fu piuttosto anonimo fino allo storico tradimento alla Chiocciola che nel luglio 1901 pose fine alla sua esperienza paliesca.
Dalla mossa la Chiocciola uscì nettamente al comando e la vittoria sembrava ipotecata dopo il primo giro, invece, al secondo Casato, arrivò l’inatteso colpo di scena: Fiammifero, pare venduto all’Oca, scese da cavallo e si rifugiò tra i carabinieri, ne approfittarono proprio l’Oca ed il Nicchio che alla fine riuscì a spuntarla.
Nell’immediato dopo Palio Fiammifero venne rinchiuso in una stanza del Comune ed alle tre di notte condotto il carcere e fu rilasciato solo il 9 luglio.
Accusato di truffa Fiammifero subì un processo penale al termine del quale fu assolto per insufficienza di prove, molto più severa, invece, la pena che venne inflitta dall’autorità comunale che, su legittima istanza della Chiocciola, squalificò a vita Emilio Lazzeri ed a nulla valsero le accorate e ripetute richieste di grazia da parte dell’ormai ex fantino di Volterra.
Roberto Filiani