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"Mi manca tantissimo".
Nel giorno del compleanno di Andrea Mari abbiamo avuto il piacere e l'onore di intervistare Nicoletta Romanazzi che dal 2009 è stata mental coach di Brio. Con Nicoletta Romanazzi abbiamo scoperto dei lati per certi aspetti inediti del carattere di Andrea Mari. Ricordiamo che segue Marcell Jacobs, campione olimpico dei 100 metri alle Olimpiadi di Tokyo e numerosi calciatori come Mattia Perin, Davide Zappacosta e Matìas Vecino. Per approfondire potete consultare il suo sito web.
Nicoletta, in che modo Andrea Mari si è avvicinato a lei e alla sua figura professionale?
"E' successo veramente tanti anni fa. Lui ha saputo di me tramite un suo veterinario e mi ha contattato per cominciare questo percorso insieme anche perché non riusciva ad ottenere quei risultati che lui sapeva di poter ottenere. All'epoca aveva corso 13 Palii, aveva vinto nel 2006 nella Pantera ma poi non era più riuscito a vincere di nuovo. Il problema principale era che non riusciva a mantenere la concentrazione al canape durante la mossa. Durante la corsa non aveva problemi ma al canape tendeva a distrarsi".
Un suo ricordo personale di Andrea?
"Ce ne sono talmente tanti, abbiamo lavorato 8 anni insieme. Mi ricordo che nel 2013 quando si fratturò il bacino era disperato e aveva paura di non poter più correre. Rimanemmo da soli in camera, cacciai tutti e gli dissi semplicemente che avrebbe dovuto vivere questo incidente come un'opportunità; da lì ha iniziato quel percorso straordinario che lo avrebbe portato a vincere il Palio nella Civetta nell'agosto del 2014".
Quello che ha lasciato a livello umano a chi ha avuto la fortuna di conoscerlo era la sua gioia di vivere e la sua grande passione per il Palio che aveva trasformato nel suo lavoro...
"Sì, lui aveva una grandissima passione per il Palio. Ci teneva tantissimo e a lui piacevano le sfide complicate quindi preferiva correre nelle Contrade che non vincevano da molto tempo inoltre per lui il rapporto umano con i contradaioli era essenziale. Mi ricordo che voleva sempre coinvolgere tutte le persone".
Lei seguiva Andrea per tutti e 4 i giorni del Palio?
"Sì, io arrivavo il giorno della Tratta: ricordo che i primi anni non guardava nemmeno l'assegnazione dei cavalli e mi chiedeva di guardarla e di fargli sapere come era andata. Durante i 4 giorni lavoravamo la mattina e il pomeriggio, ho dovuto immergermi completamente nella realtà del Palio perché per me era essenziale capirne tutti gli aspetti altrimenti non avrei potuto aiutarlo nel modo giusto".
Cosa pensa del Palio di Siena?
"E' una cosa che seguivo anche prima di conoscere Andrea. Era un appuntamento che mi piaceva anche se non capivo nulla anche perché dalla tv non si riesce a cogliere tutto quello che c'è dietro. L'ho sempre seguito perché mi affascinava tantissimo e viverlo in mezzo alla gente di Siena è qualcosa di straordinario. Mi ricordo che poco prima del Palio quando i contradaioli venivano a prendere Andrea erano molto agitati prima della corsa mentre noi eravamo molto tranquilli a scherzare. Mi chiedevano sempre: "Ma che gli hai fatto?" e io gli dicevo di stare tranquilli e di non preoccuparsi. Tutti pensano che prima di un grande appuntamento bisogna essere per forza su di giri ma non è cosi: Marcell Jacobs prima della finale dei 100 metri era molto sereno poi ha fatto quello che ha fatto. Lo stesso valeva per Andrea: prima della corsa scherzava ma poi quando contava c'era eccome".
Visto che lei era una delle ultime persone che vedeva prima della corsa, riusciva a capire in base al suo atteggiamento se avrebbe fatto un bel Palio?
"Io lo sapevo che avrebbe fatto una buona prestazione perché avevamo lavorato durante i 4 giorni anche se nel Palio ci sono talmente tante variabili!. Io però di base ero sempre convinta che avrebbe fatto bene. Noi lavoravamo veramente su tutti gli aspetti come ad esempio la gestione del cavallo infatti mi ricordo bene il lavoro che facemmo nell'agosto 2011 su Fedora Saura nella Giraffa. Lavoravamo anche sul rapporto con gli altri fantini e su ogni più piccolo particolare".
Lei è stata la prima mental coach nel mondo del Palio: in precedenza è una figura che in questo mondo non si era mai vista...
"Sì esattamente, prima non ne sapeva nulla nessuno. Negli anni successivi -visti anche i risultati ottenuti di Andrea- qualcun altro ha iniziato poi a sperimentare questa cosa. Si può dire con certezza che Andrea è stato il primo. Ricordo che all'inizio le persone non riuscivano a capire chi fossi e che cosa facessi esattamente. Io trascorrevo molto tempo con i guardafantini e con il tempo hanno imparato a conoscermi e spesso facevo lavorare anche loro: a Siena ci sono un sacco di ragazzi che mi vogliono bene".
Nel suo sito web si parla di trasformare gli ostacoli in alleati: può spiegarci meglio?
"Io dico sempre che le cose possono avere cornici diverse nel senso che si possono guardare in un modo o in un altro ad esempio possiamo parlare del lockdown che per gli atleti è stato un momento molto complicato: sono saltate le gare, le Olimpiadi e le partite. Se una persona vede quell'evento solo da quel punto di vista ovviamente ne subisce tutto il peso e comincia ad intristirsi, a stare male e magari non ha più voglia di allenarsi. Quello che ho fatto con i miei atleti è stato cercare di capire cosa potevamo portarci a casa in un periodo come quello. Abbiamo lavorato su tutti quegli ambiti su cui non c'è tempo di lavorare in periodi "normali" come l'aspetto mentale ed emozionale. Con loro mi vedevo ogni 2 giorni, respiravamo e facevamo un sacco di cose tant'è che sono usciti da quel periodo meglio di prima. Una falsa partenza ad esempio può essere vissuta come una situazione estremamente negativa oppure si può gestire in maniera completamente diversa come fare in modo che gli avversari possano stancarsi: in questo modo si può trasformare un ostacolo in un prezioso alleato e in un'opportunità. Ogni situazione si può vivere in maniera diversa ad esempio avere l'avversaria al canape può essere uno stimolo che ti aiuta a tirare fuori quel qualcosa in più. Ovviamente, a seconda della persona che ho davanti, cerco di capire quale è la modalità più funzionale per affrontare al meglio la singola situazione".
Può raccontarci un pò più nel dettaglio come lavora con gli atleti che segue?
"Sono vent'anni che faccio questo lavoro e di tecniche ne uso moltissime come il respiro, l'ipnosi da performance e tantissime altre cose. In base a chi ho davanti cerco di capire di cosa ha bisogno per poter aiutare la persona al meglio. Il respiro è una tecnica che uso spesso: noi respiriamo molto meno rispetto alla nostra capacità polmonare. Io insegno a respirare nel modo giusto. Mi ricordo che con Andrea facevamo delle sessioni di respiro anche di mezz'ora dove si ossigena il corpo e la mente con tutta una serie di enormi vantaggi. Anche Marcell Jacobs ha respirato prima di ogni gara: lo chiamavo da Roma e lui respirava per 20 minuti. Tutte le cellule del nostro corpo funzionano grazie all'ossigeno. E' come una macchina: più carburante dai, migliore sarà il funzionamento".
Ha parlato della sua esperienza con Marcell Jacobs: ci racconti il suo lavoro con l'uomo più veloce del Mondo...
"Lui andava molto in crisi durante le gare. Era sempre in tensione, gli si irrigidivano le gambe e faceva fatica a gestire i giudizi esterni. E' venuto da me e io ho percepito subito un grande potenziale ma sentivo che era molto "bloccato". Abbiamo iniziato a lavorare ed è stato un crescendo: a febbraio ha vinto l'Europeo nei 60 metri indoor dove ha fatto il record italiano. Ha fatto poi il record italiano nei 100 metri e in batteria alle Olimpiadi ha fatto il record europeo fino ad arrivare alle due medaglie d'oro. In un'intervista ha poi dichiarato che quello che ha fatto la differenza è stato il lavoro mentale".
Il suo approccio cambia a seconda della disciplina sportiva di ogni singolo atleta?
"Diciamo che cambia a seconda del carattere della persona perché io comunque lavoro con delle persone per cui mi adeguo a seconda della persona che ho di fronte. Non potrei lavorare nello stesso modo con Marcell come lavoro con Matias Vecino o come lavoravo con Andrea".
Lei segue anche tanti calciatori: anche con loro i risultati ottenuti sono stati importanti
"Assolutamente ad esempio lavoro con Davide Zappacosta e Mattia Perin che quest'anno giocano uno nell'Atalanta e l'altro nella Juventus".
Lei fa consulenza anche a livello aziendale a manager e imprenditori?
"Sì, seguo anche loro. Gli sportivi mi divertono tanto: io lavoro anche sulla top performance quindi quello che faccio può essere molto utile ad esempio per un manager che deve portare a casa un risultato importante".
Tornando ad Andrea Mari, ha un aneddoto da raccontarci?
"Mi ricordo la prima telefonata che mi ha fatto dove mi disse che avremmo dovuto incontrarci per vedere se gli ero simpatica o no. Mi disse: "Se non mi piaci questo lavoro non te lo faccio fare". Io gli risposi che ero d'accordo e che lo stesso valeva per me. Mi parlò del suo problema di concentrazione e ricordo che la prima sessione che facemmo durò tipo due ore. Lì mi resi conto che lui non aveva un problema di concentrazione perché era stato capace di concentrarsi per due ore e mezzo: evidentemente il problema era da un'altra parte. Ricordo che era molto appassionato di quello che facevamo: io gli davo i compiti e gli dicevo che doveva lavorare sullo stare nel momento presente. Gli dicevo ad esempio: "Se qualcuno parla e ti accorgi che la tua testa se ne va e ti distrai, riporta l'attenzione a quello che sta dicendo quella persona. Una volta mi chiamò e mi disse: "Sai, oggi sono stato in chiesa: sentivo quello che diceva il prete, mi distraevo e cercavo di riportare l'attenzione su quello che diceva; da lì ho capito che avremmo potuto fare grandi cose".
Andrea manca e mancherà tanto a tutto il mondo del Palio e non solo...
"Sì perché lui lo faceva davvero per passione e amore della Città e del Palio: questa era la sua spinta più grande. Certamente tutto il resto era importante: la fama, il denaro però la molla più importante era la sua passione per il Palio. Aveva un grande cuore e a volte si è reso conto che non tutti avevano un cuore grande come il suo. Io gli dicevo sempre che era un bambino mai cresciuto e lui era d'accordo. Era molto spontaneo e tante persone sono rimaste colpite da questo lato del suo carattere che non è facile trovare. E' molto più frequente trovare professionisti che lo fanno solo per professione e che non ci mettono quel qualcosa in più che invece ci metteva lui: mi manca tantissimo".